08/08/2013

Aran: “Rapporto semestrale sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti”

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Il Presidente dell’Aran, Sergio Gasparrini, ha presentato oggi alla stampa il Rapporto sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti, la pubblicazione semestrale dell’Aran che fa il punto sull’andamento delle retribuzioni nel pubblico impiego.

Alla conferenza stampa è intervenuto il ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione Gianpiero D'Alia ed il capo dipartimento della funzione pubblica Antonio Naddeo.

Come di consueto, il Rapporto Aran ha fornito un quadro, aggiornato a tutto il 2012, dell’andamento dei salari dei pubblici dipendenti e della spesa per retribuzioni sostenuta dalle amministrazioni pubbliche (le elaborazioni sono basate sui dati Istat).

Si conferma la tendenza, già messa in luce dagli ultimi rapporti, di una diminuzione delle retribuzioni medie pagate nel settore pubblico, quale effetto delle misure di blocco della dinamica retributiva e dei rinnovi contrattuali, varate a partire dal 2010. In particolare, i dati presentati evidenziano una riduzione dei salari nel 2012 pari allo 0,6%, che si aggiunge alla riduzione dello 0,7% registrata nel 2011 rispetto al 2010: sommando le due riduzioni, si ottiene una diminuzione complessiva sui due anni del -1,3%. Per apprezzare la diminuzione in termini reali, occorre tener conto che l’inflazione sul biennio in esame è stata del 2,8% nel 2011 e del 3% nel 2012.

Il mutamento di regime che ha interessato il settore pubblico diviene ancora più evidente se paragonato con quanto osservato nel settore privato, in particolare nell’industria manifatturiera, che nel 2012 sconta un incremento pari al 2,1% che si aggiunge al +2,6% di crescita dell’anno precedente.

Pure in diminuzione, si conferma il dato sugli occupati: -2% nel 2012, che si aggiunge al -1,6% registrato nell’anno precedente. In due anni (2011 e 2012), il numero degli occupati è diminuito di circa 120.000 unità (-3,5%). Su questi dati, hanno inciso in particolare le misure di blocco del turn-over, applicate con particolare rigore negli ultimi anni.

L’effetto combinato della riduzione dei salari medi e del numero degli occupati è stato quello di una sensibile riduzione della spesa complessiva per retribuzioni pagata dalle amministrazioni pubbliche, scesa del 4,8% nei due anni (-2,5% nel 2012, -2,3% nel 2011).

Nella seconda parte, il Rapporto Aran approfondisce il tema delle caratteristiche anagrafiche dei pubblici dipendenti.

I dati presentati, elaborati a partire dalle rilevazioni di conto annuale della Ragioneria generale dello stato, evidenziano un sensibile aumento dell’età media negli ultimi anni, passata da 43,6 anni del 2001 ai 47,8 del 2011. Il dato dell’età media si attesta attorno ai 50 anni, se dal computo viene escluso il settore dei corpi di polizia e delle forze armate, che presenta un’età media sensibilmente più bassa rispetto agli altri settori. Registrano dati medi vicini o superiori ai 50 anni settori quali i ministeri, la scuola, l’università, la magistratura, la carriera prefettizia, il comparto delle autonomie locali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca.

Dall’osservazione dei dati, si evidenzia ancora più marcatamente che, nei principali comparti di riferimento, le classi di età con maggior densità di dipendenti sono quelle tra 50 e 54 anni e tra 55 e 59. Nel comparto dei Ministeri, inoltre, circa il 10% dei dipendenti si distribuisce nelle classi sopra i 60 anni. Un fenomeno simile è osservabile anche per il personale scolastico e per quello degli enti locali, ove rispettivamente l’8% ed il 6,7% de13:42:44i dipendenti si situa oltre i 60 anni.

Per avere termini di raffronto, il Rapporto si sofferma anche sui dati relativi all’età dei pubblici dipendenti di altri Paesi e di altri settori produttivi nazionali.

Dal confronto con gli altri Paesi, emerge che la quota italiana delle persone di età pari o superiore a 50 anni sia la più elevata nell’insieme dei paesi Ocse: in Italia poco meno della metà dei dipendenti pubblici dell’amministrazione centrale hanno un’età pari o superiore a 50 anni, mentre in Francia e Gran Bretagna, ad esempio, tale quota è al 30%.

Si conferma, in generale, che la Pubblica Amministrazione italiana è decisamente più “anziana” rispetto alle altre. In Francia, quasi il 6% degli occupati ha meno di 25 anni, ma soprattutto circa il 22% ha un’età compresa tra i 25 e i 34 anni. I dati sono simili per la Gran Bretagna, dove circa il 5% dei lavoratori della PA ha meno di 25 anni e il 20 per cento ha tra 25 e 34 anni. In Italia, i lavoratori del pubblico impiego sotto i 35 anni sono solo il 10,3%.

Osservando, invece, l’età media dei settori privati italiani risulta immediatamente evidente come la pubblica amministrazione rappresenti il settore dell’economia italiana maggiormente “anziano”. Considerando, ad esempio, come benchmark l’industria in senso stretto si vede che l’età media dei dipendenti pubblici è di circa 4 anni superiore rispetto a quella osservata in tale settore, pari a 41,8.

Difficile non vedere, nei dati sull’età, un collegamento con i dati analizzati nella prima parte del Rapporto.

La linea di rigore, adottata ormai da diversi anni, resa necessaria dalle tensioni sui conti pubblici, si è contraddistinta infatti per interventi che hanno interessato la dinamica retributiva e le dinamiche occupazionali. Al progressivo contenimento del flusso occupazionale in entrata, attraverso un sempre più stretto governo del turn-over, si sono poi sovrapposti interventi legislativi miranti ad innalzare l’età di uscita dal lavoro, con la conseguenza di rendere sempre più elevata l’anzianità media degli occupati nel settore pubblico.